In Santa Croce la inconsueta iconografia del Nascendo Morimur

Fig. 1: Maarten van Heemskerck, Nascendo Morimur, 1540, Mittelrhein museum, Koblenz
Fig. 1: Maarten van Heemskerck, Nascendo Morimur, 1540, Mittelrhein museum, Koblenz

Nascentes morimur, finisque ab origine pendet [Nascendo moriamo, e la fine dipende dal principio] è un verso del poeta latino Marco Manilio, ispirato dalle sue convinzioni filosofiche di tipo stoico.
Nascendo Morimur diventa poi la denominazione di un tema artistico che si sviluppa nel mondo cattolico a partire dal XVI secolo, e diviene popolare soprattutto nei Paesi Bassi ed in Germania; un tema che si correla con quello più ampio della Vanitas e che vede la raffigurazione di un fanciullo con accanto un teschio.
Nella figura seguente (Fig. 1) vediamo l’interpretazione di questo soggetto da parte del pittore fiammingo Maarten van Heemskerck

Il tema è presente in misura minore in Italia a partire dal XVI secolo: un esempio è il quadro realizzato dalla bottega del Guercino – conosciuto con il titolo Vanitas (Putto con teschio, specchio e civetta) (Fig. 2)

Stante la relativa scarsità della diffusione del tema in Italia, stupisce non poco constatare come due sue interpretazioni trovino posto nell’area absidale della chiesa di Santa Croce ad Ivrea, realizzate a fresco nel 1761 da Luca Rossetti da Orta.

Fig. 2: Ambito di Giovan Battista Barbieri, detto il Guercino , Vanitas (Putto con teschio, specchio e civetta), Galleria dell’Accademia Tadini di Lovere , 1640 ca.
Fig. 2: Ambito di Giovan Battista Barbieri, detto il Guercino , Vanitas (Putto con teschio, specchio e civetta), Galleria dell’Accademia Tadini di Lovere , 1640 ca.
Fig. 3: Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761
Fig. 3: Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761

La prima raffigurazione del Nascendo Morimur compare sulla parete orientale (Fig. 3): vi si osserva una deliziosa figura di putto meditabondo seduto sulle volute di un cornicione dipinto ad imitazione dello stucco che inquadra – a mo’ di trompe-l’oeil – una finta finestra. Un lieve manto azzurro annodato su un fianco svolazza alle sue spalle mentre tiene la mano sinistra poggiata su un teschio.

Un vicino cartiglio ci propone un passo delle Lamentazioni di Geremia: SEDEBIT SOLITARIUS ET TACEBIT (Lam. 3, 28) (*1)

Sulla parete opposta abbiamo una seconda raffigurazione del Nascendo Morimur (Fig. 4): qui la figura del putto si attorce tra le volute del cornicione e pone la sua mano destra sul teschio, mentre il suo volto esprime dolore. Il cartiglio posto vicino a lui propone un passo tratto dal Secondo libro di Samuele che ci invita a riflettere sulla precarietà della condizione umana: MORIMUR, ET QUASI AQUAE DILABIMUR IN TERRAM (II Sam, 14-16)(*2).

Altri due putti compaiono tra le volute degli altri finti cornicioni sulle pareti dell’abside: uno è oggi molto ammalorato tale da rendere impossibile apprezzarne compiutamente la figura ed interpretare il cartiglio che gli è accanto(*3); l’altro è assiso su uno svolazzante drappo rosso ed accanto a lui viene proposto un cartiglio con il passo in cui Giobbe esprime la consolazione e la speranza nella resurrezione dopo la morte: EXPECTO DONEC VENIAT IMMUTATIO MEA (Giob. 14,14)(*4) Come si vede il progetto iconografico e le citazioni tratte dall’Antico Testamento valgono a rendere esplicito il messaggio sulla precarietà della vita e la speranza nella salvezza della propria anima; il tutto in linea con quella che era la principale missione della confraternita: pregare per il suffragio dei morti(*5)

Fig. 4: Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761
Fig. 4: Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761

A proposito delle due raffigurazioni del Nascendo moritur che inaspettatamente troviamo nella chiesa di Santa Croce è verosimile pensare che Luca Rossetti avesse visto stampe con questo soggetto provenienti dall’Europa del Nord. Ne avrà discusso con il dottissimo e ignoto committente che, convinto di tale scelta iconografica, individuò le frasi da inserire nei cartigli(*6).

NOTE

(*1) [Sieda costui solitario e resti in silenzio]
(*2) [Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata per terra]
(*3) Si spera che il secondo lotto di restauri che oggi (Aprile 2023) si sta progettando possa restituire una buona leggibilità.
(*4) [Aspetto finché arrivi per me l’ora del cambio].
(*5) A proposito dell’attività della confraternita il Benvenuti così si esprime «[La confraternita] ogni festa recita l’ufficio  dei morti e dopo la messa riceve la benedizione col SS. e dopo il Vespro fa l’esercizio della S. Via Crucis. Si fa pure l’ottavario dei morti e nella settimana Santa vi sono le Quarant’ore.» G. BENVENUTI, Istoria dell’antica città di Ivrea dalla sua fondazione fino alla fine del secolo XVIII, manoscritto, ca. 1798-1800, edizione a stampa a cura della Società Accademica di Storia ed Arte Canavesana, Ivrea, 1976.
(*6) Non si sa ancora quale raffinata mente teologica abbia guidato il complesso programma iconologico della chiesa. I sospetti vanno su padre Nicola Bellono (morto nel 1771) che il Benvenuti cita come appartenete alla Congregazione de’ Preti secolari della Dottrina Cattolica, detti anche Dottrinari, impegnati particolarmente nelle attività di docenza presso i collegi ecclesiastici. Non si conosce il nome del presidente della Confraternita dell’epoca, ma in tutte le ricevute l’ordine di pagare dato al tesoriere è sempre firmato da P. Stefano Nicola Bellono “deputato” che coincide con tutta probabilità con la persona citata dal Benvenuti. Si devono anche considerare i particolari legami che intercorrevano tra l’allora vescovo di Ivrea, Mons. Michele Villa, ed i Padri Dottrinari fra i quali aveva nominato a suo Confessore e Teologo il P. Borgoino, che volle a compagno nella Visita Pastorale, a Professore di Teologia nel Seminario il Padre Fissore.