Come quelli della volta, anche i dipinti sulle pareti laterali dell’abside sono molto ammalorati e bisognosi di restauro.
Due sono i registri nei quali, seguendo uno schema unitario, si dispongono le scene dipinte sulle due pareti laterali. In alto, nelle lunette, ai lati delle finestre in esse contenute, troviamo raffigurati patriarchi dell’Antico Testamento; più in basso, tra le volute di un finto cornicione in stucco che inquadra altre finestre (reali sulla parte destra e finte su quella sinistra) troviamo figure di putti in meditazione.
Vediamo qui più da vicino le figure veterotestamentarie − otto in tutto − raffigurate componendo per esse una piccola scena sacra, con un cartiglio che ne facilita l’identificazione. Esse fanno per così dire da pendant alle otto “eroine” bibliche ritratte nelle lunette della navata.
Riconosciamo, sulla parete destra, un giovane Isacco dal volto molto dolce che pare assopito accanto all’altare con la legna che doveva servire per il suo sacrificio e, nella scena di fronte, Abramo (“PATER CREDENTIUM”) è ritratto nel preciso istante in cui un angelo del Signore ferma la sua mano intenta al sacrificio di suo figlio Isacco (Figg. 1 e 2).
Nella seconda lunetta troviamo Giobbe (EXEMPLAR PATIENTIAE) e Mosè (“DILECTUS DEO ET HOMINIBUS”). Sull’altra parete, molto guastata, riusciamo a stento a riconoscere un Noè posto vicino all’arca. Con ancor maggiore fatica si osserva poi la testa di un personaggio che porta in capo un turbante con sopra la corona: viene da pensare ad Aronne di cui si legge nel Siracide: «Sopra il turbante gli pose una corona d’oro con incisa l’iscrizione sacra» (Sir. 45, 12). Più chiaramente leggibili, nell’altra lunetta, le figure del pio Enoch trasportato in cielo da un angelo del Signore (Fig. 3) e quella di Abele innocente.
Pur essendo poste in alto, lontane dallo sguardo dei fedeli, le scene con i patriarchi veterotestamentari sono realizzate da Luca Rossetti con la stessa finezza ed attenzione ritrattistica posta nei personaggi che vediamo, quasi ad altezza d’uomo, sulle pareti del (finalmente restaurato) presbiterio. Si può ad esempio osservare – pur nell’attuale degrado del dipinto – la maestria con la quale è realizzato il volto di Mosè (che ci ricorda da vicino quello con cui Raffaello ha raffigurato Platone nella Scuola di Atene, Fig. 4)
Perché così tante figure dell’Antico Testamento nel ciclo pittorico realizzato da Luca Rossetti nella chiesa eporediese di Santa Croce?
Si palesa a questo riguardo la volontà del committente di veder sottolineata la linea di continuità tra Antico e Nuovo Testamento, una linea di continuità che ─ seguendo il magistero dei Padri della Chiesa ─ fa riferimento ad una lettura ermeneutica dell’Antico Testamento (AT) in cui, rispetto al testo letterale, si cerca un significato simbolico profondo basato su allegorie che hanno come fondamento una lettura cristologica del testo sacro, nel senso che le vicende narrate nell’AT sono supposte prefigurare le vicende di Cristo e della sua Chiesa, Così, se le eroine bibliche della navata sono supposte prefigurare la Vergine, i patriarchi dell’AT anticipano, ognuno in virtù di una specifica interpretazione allegoria, l’avvento di Cristo. Così, per fare un esempio, il racconto di Abramo pronto a sacrificare il proprio figlio unigenito è stato letto da esegeti cristiani come prefigurazione del sacrificio di Cristo.