Esploriamo le pitture murali che saranno oggetto del restauro del secondo lotto: Nascendo Morimur, una inconsueta iconografia

Nascentes morimur, finisque ab origine pendet [Nascendo moriamo, e la fine dipende dal principio] è un verso del poeta latino Marco Manilio, ispirato dalle sue convinzioni filosofiche di ascendenza stoica. Nascendo Morimur diventa poi la denominazione di un tema artistico che si sviluppa nel mondo cattolico a partire dal XVI secolo, e diviene popolare soprattutto nei Paesi Bassi ed in Germania; un tema che si correla con quello più ampio della Vanitas e che vede la raffigurazione di un fanciullo con accanto un teschio. Il tema è presente in misura assai minore in Italia a partire dal XVII secolo.

Stante la relativa scarsità della diffusione del tema in Italia, stupisce non poco constatare come due sue interpretazioni – realizzate a fresco nel 1761 da Luca Rossetti da Orta- trovino posto nell’area absidale della chiesa di Santa Croce ad Ivrea che – auspicabilmente – sarà oggetto della seconda fase del progetto di restauro.

La prima raffigurazione del Nascendo Morimur compare sulla parete orientale: vi si osserva una deliziosa figura di putto meditabondo seduto sulle volute di un cornicione dipinto ad imitazione dello stucco che inquadra – a mo’ di trompe-l’œil – una finta finestra. Un lieve manto azzurro annodato su un fianco svolazza alle sue spalle mentre tiene la mano sinistra poggiata su un teschio. Un vicino cartiglio ci propone un passo delle Lamentazioni di Geremia: Sedebit solitarius et tacebit [Sieda costui solitario e resti in silenzio] (Lam. 3, 28).

Chiesa di Santa Croce Ivrea Putto in meditazione coro
Fig. 3: Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761

Sulla parete opposta abbiamo una seconda raffigurazione del Nascendo Morimur: qui la figura del putto si inserisce tra le volute (sempre in finto stucco) del cornicione e pone la sua mano destra sul teschio, mentre il suo volto esprime un incontenibile dolore. Il cartiglio posto vicino a lui propone un passo tratto dal Secondo libro di Samuele: MORIMUR, ET QUASI AQUAE DILABIMUR IN TERRAM [Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata per terra] (II Sam, 14-16).

Chiesa Santa Croce Nascendo Morimur 2
Luca Rossetti, Nascendo Morimur, Chiesa di Santa Croce, Ivrea, 1761

Il progetto iconografico e le citazioni tratte dall’Antico Testamento valgono a rendere esplicito il messaggio sulla precarietà della vita e la speranza nella salvezza della propria anima; il tutto in linea con quella che era, sin dalla sua nascita nel 1612, la missione primaria della confraternita: pregare a sollievo dei tormentati animi del Purgatorio[1].

A riguardo delle due raffigurazioni del Nascendo moritur che inaspettatamente troviamo nella chiesa di Santa Croce è verosimile pensare che il pittore Luca Rossetti avesse visto stampe con questo soggetto provenienti dall’Europa del Nord. Possiamo inoltre immaginare che egli ne avesse discusso con il dottissimo e ignoto committente del ciclo di affreschi che orna le pareti della chiesa (forse Nicola Bellono, appartenente alla Congregazione de’ Preti secolari della Dottrina Cattolica, detti anche Dottrinari, particolarmente vicina all’allora Vescovo Mons. Michele Villa). Quest’ultimo, convintosi di tale scelta iconografica, avrà individuato con cura le frasi da inserire nei cartigli: la prima esorta alla meditazione, la seconda sottolinea la caducità della vita terrena.


[1] Così si dichiarava sin dal 1619 nell’articolo 1 delle Regole adottate dalla Confraternita del Suffragio (ora Confraternita di Santa Croce).